L'INNOCENTE ANNA FRANK

 

Il "Diario di Anna Frank" è il primo libro che mi ha consigliato la maestra di quinta elementare. Dopo averlo letto, ho iniziato anch’io a tenere un diario. Sono andata avanti per circa 20 anni, e poi ho abbandonato queste confidenze con me stessa… Ma ora parliamo di Anna, non di me.

Perché il Diario di Anna Frank?  Perché quest’estate ho visitato con Claudio la sua casa, che si trova al 263 di Prinsengracht, nel centro della città di Amsterdam.

 

“L’alloggio” è ora un museo in cui si ha la possibilità di rivivere in prima persona ciò che è avvenuto in quel luogo.

Le stanze dell’alloggio segreto sono state mantenute nel loro stato originario. Sono prive di mobilio perché furono sgomberate dopo l’arresto. Sono esposti oggetti originali dei “clandestini”, fotografie e documenti. Vi si trova pure il primo diario originale di Anna Frank, davvero molto toccante...

 

Anna è una ragazzina tredicenne di origine ebrea, nata a Francoforte, e costretta con la sua famiglia a trasferirsi ad Amsterdam per sfuggire alle persecuzioni naziste.

Anna e i suoi familiari si sistemarono in un piccolo alloggio segreto posto sopra i locali in cui era situato l'ufficio di Otto Frank, papà di Anna, e luogo in cui lavoravano i loro benefattori.

 

"Il nascondiglio si trova nell’edificio della ditta di papà"  scrisse Anna Frank il 9 luglio 1942.

 

Nei mesi antecedenti la clandestinità, il nascondiglio era stato preparato senza dare troppo nell’occhio. La soffitta e i due piani sottostanti erano stati sgomberati e resi abitabili in modo invisibile. Si voleva dare l’impressione ai vicini delle case adiacenti e a quelli sul retro che l’alloggio segreto fosse abbandonato. Questo fu possibile perché a quell’epoca molte delle abitazioni situate dalla parte dei giardini dietro la via principale erano di varie grandezze, ed in alcune la profondità era maggiore che in alcune altre.

La porta dell'alloggio segreto era nascosta dietro una libreria, ancora oggi visibile e intatta.

Lì vissero dal luglio del 1942 all’agosto del 1944.

 

Nel nascondiglio trovarono posto, oltre alla famiglia della piccola Anna, composta dalla mamma Edith, dal padre Otto e dalla sorella maggiore Margot, anche da un altro nucleo familiare: i coniugi Van Daan o Van Pels  e il loro figlio Peter. Come ottavo inquilino c’era il signor Dussel, un dentista ebreo.

Il periodo in clandestinità si concluse il 4 agosto 1944, dopo una soffiata di un informatore olandese alla Gestapo. Vennero tutti arrestati e trasferiti al campo di smistamento di Westerbork, dove vennero poi caricati su un treno per il campo di concentramento di Auschwitz (chiamato l’hotel…).

Anna e la sorella Margot vennero trasferite dopo un mese a Bergen-Belsen dove, dopo sei mesi, morirono di tifo: un mese prima della liberazione del campo…

Di quegli otto “clandestini” solo il padre di Anna sopravvisse a questo sterminio.

Otto Frank tornò ad Amsterdam nel giugno del 1945. Arrivato a “casa”, Miep Gies, una delle persone che si erano prese cura di loro durante il periodo passato nel nascondiglio, gli diede il diario di Anna… Nel 1947 venne pubblicato col titolo originale "Het Cherhuiscil" (il retrocasa).

 

La vicenda ha inizio il 12 giugno 1942, il giorno del compleanno di Anna, quando le viene regalato un diario. Da quel momento dedica il suo tempo a scrivere a Kitty, un’amica immaginaria. A lei confida con considerevole talento le sue paure, causate dal vivere in clandestinità, e i conflitti con i genitori, in quanto non riesce quasi più a trovare un minimo di equilibrio in quell'ambiente: il padre sembra allontanarsi da lei, la madre non ha niente di materno, diventa quasi una sorta di amica, e la sorella è disperata quanto lei…

C’è poi la convivenza non facile con il resto degli inquilini, poiché erano costretti a vivere nascosti e segregati in locali piccolissimi, scomodi e molto freddi. Parla di Peter, descrivendolo come un ragazzo goffo e timido con le ragazze, ma poi con il passare del tempo confida al suo diario i cambiamenti del suo cuore verso questo ragazzo. Parla del sig. Van Daan un uomo molto noioso, la sig. Van Daan sempre pronta a criticare ad ogni pretesto, e della sua costrizione a dividere la stanza col dottor Dussel.

In quell’ambiente per Anna non vi era nulla di speciale, se non andare in soffitta da Peter alla sera, e scrivere nel suo diario… suo e di nessun altro. Più volte vi ha manifestato l’intenzione di non permettere a nessuno di prenderne visione…    

Lei racconta candidamente le sue gioie, i suoi dolori, le sue speranze. Racconta fatti spesso banali: le discussioni sul cibo, sull'uso del bagno, le piccole insofferenze tra persone costrette a vivere troppo vicine, e la sua aspirazione di diventare scrittrice.

Fa emergere un prepotente spirito libero, fiducioso nell'avvenire e nella bontà dell'uomo, con la speranza che le cose potranno cambiare… Un avvenire dove gli uomini recupereranno la ragione, ritornando a vivere in pace e armonia gli uni con gli altri, senza dover più fuggire e vivere come clandestini. Un avvenire dove poter nuovamente uscire, andare a scuola, giocare, correre, insomma, essere finalmente… liberi…

 

Questo libro-simbolo lascia al mondo la testimonianza di uno dei periodi più crudeli della storia, mettendo in evidenza la lucida follia nazista. E’ il simbolo della persecuzione, dell’odio, del disprezzo, dell’orrore, del razzismo estremo, ma nel libro irrompono soprattutto i sentimenti di bontà, d’amore e d’amicizia, nonché l’ingenuità e le aspettative di questa ragazzina.

Anna ci fa capire veramente il senso della vita. 

E’ un romanzo che mostra tutti i lati positivi e negativi dell’esistenza umana. Ma la parte più triste di questo diario è che tutti i desideri, le aspettative di una fanciulla vengono distrutte, calpestate per il semplice fatto di essere di origine ebrea... 

 

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